sabato 24 marzo 2012

11. Basso profilo

Berlino. Ufficio Erasmus.
Una babele di voci e di visi. La consapevolezza di stare vivendo un’esperienza unica, un’occasione da cogliere, un'avventura da assaporare attimo per attimo. Decine di studenti provenienti da tutta Europa e appartenenti alle facoltà più diverse, tutti accalcati in una stanzetta a compilare moduli e ad aspettare pazientemente il proprio turno.
 
Dopo molte ore di attesa finalmente toccò a me. Sorridente consegnai il mio foglio e, altrettanto sorridente, salutai e mi avviai verso l’uscita.

"Aspetti un momento signorina", venni bloccata.
Mi si raggelò il sangue nelle vene. Tutta la vita mi passò davanti agli occhi come un film: il carillon con le apine sulla culla, le ginocchia sbucciate che bruciavano come l'inferno, il primo giorno di scuola con la cartella rossa e blu, gli occhi belli del mio compagno di banco, il saggio di danza con il tutù cucito da mamma, i balli lenti alle feste delle medie, il primo bacio senza lingua, il primo bacio con la lingua, gli amori, le delusioni, le albe in spiaggia, l’arrivo in Germania.

Lo sapevo: era troppo bello per essere vero.
Ci doveva essere stato un errore.
Non avevo vinto nessuna borsa di studio.
Mi avrebbero rimandata in Italia.
A calci.
"Si?", risposi cercando di mantenere un’aria dignitosa.
"Lei è italiana e studia medicina?"
“Già”
"Abbiamo bisogno di lei"
"Di me?"
"Dovrebbe partecipare all’apertura dell’anno accademico".
Alla cerimonia avrebbe dovuto prendere parte un gruppo rappresentativo di Erasmus: giovani di diverse facoltà e diverse nazionalità. Alla collezione mancavano un italiano ed uno studente di medicina. Io, per mia sfortuna, appartenevo ad entrambe le categorie. Ero la figurina mancante che completava l'album.
"Sarebbe meglio che sceglieste qualcun altro. Io parlo pochissimo tedesco. Anzi, guardiamo in faccia la realtà, non lo parlo proprio!"
"Non c’è alcun problema, non dovrà dire nulla, ma solo sorridere e stringere la mano al Rettore."
"Me lo giura?"
"Si"
"Ok, ma so già che me ne pentirò.”
Essere rispedita a Torino sarebbe stato sicuramente peggio, ma anche l’idea di prendere parte ad una cerimonia ufficiale mi metteva addosso non poca ansia. Immaginavo mille catastrofici scenari, che andavano dall’inciampare e planare di faccia sul palco, al cadere dal suddetto palco e planare di faccia sulla platea.

Arrivato il fatidico giorno però ero abbastanza rilassata, pronta a mettere in atto il mio diabolico piano.  Dovevo semplicemente mantenere un basso profilo, il più basso possibile. E rendermi invisibile, magari occultandomi abilmente dietro le piante che ornavano la sala. Arrivare, annuire, sorridere e nient’altro. Ce la potevo fare. Con un po' di fortuna e la giusta congiuntura astrale avrei concluso la mattinata senza figuracce e imbarazzi. Scelsi anche un abbigliamento adatto allo scopo: pantaloni neri e camicia verde scuro, in pratica una tuta mimetica per signorine.
Purtroppo il mio progetto iniziò a scricchiolare appena vidi il posto assegnatomi: in braccio al Rettore. Altro che passare inosservata, stavo in prima fila lungo il corridoio centrale. Occupavo il posto d’onore. Secondo me quelle burlone dell’ufficio Erasmus l’avevano fatto apposta, e questo era un tipico esempio di umorismo tedesco.
L’umorismo tedesco fa schifo.

Un po’ meno tranquilla di quando ero entrata mi sedetti e attesi l’inizio.
Il maestro di cerimonia era un noto giornalista televisivo locale, che si lanciò in un appassionato discorso sull’importanza della fratellanza tra i paesi europei, e sulla bellezza di questi scambi culturali tra studenti.
Io, a schiena dritta ed orecchie spalancate, cercavo di non perdermi neanche una sillaba, pronta a scattare in piedi quando ci avessero chiamato.
Subito dopo prese la parola il Rettore ed il registro cambiò completamente. Egli era decisamente meno incisivo, molto più prolisso e parecchio soporifero. La mia posizione da cane da caccia lasciò rapidamente il posto a quella di un gattone spalmato su una poltrona. Orecchie basse, schiena accartocciata, palpebra calante e mente persa nell’infinito ed oltre.
Fino a quando, con mio sommo orrore, mi resi conto che nella sala era calato il silenzio e che tutti mi stavano osservando con aria interrogativa.
La ragazza che mi era seduta accanto mi ringhiò a denti stretti: “Che stai aspettando? Alzati, tocca a noi!” Ed io a capo chino mi trascinai con fare colpevole fino al palco, dove strinsi mani e stiracchiai un imbarazzato sorriso.

Questo fu l’inizio del mio anno accademico: non osavo neanche immaginare come sarebbe stato il seguito.

Continua...

3 commenti:

  1. cara la mia Jane: ma che per caso sei dei Pesci??? No, perchè ho anch'io un'innata capacità di fare figure da cioccolataia, e mi chiedevo se fosse colpa dell'astrologia...

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    1. No, io sono del Capricorno. Non possiamo neanche dare la colpa agli astri :(

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  2. Io sono ascendente Capricorno!
    Ma, come direbbe la mia amica, certe cose mi capitano perchè sono un bradipo!

    RispondiElimina

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