giovedì 29 marzo 2012

12. Le Comari

I primi giorni dell’Erasmus sono inevitabilmente dedicati a burocrazia e acquisti di prima necessità. Una volta ottenuto un giaciglio dove poggiare le proprie stanche membra bisogna aprire un conto bancario a garanzia, ufficializzare la residenza, fare l’abbonamento mensile dei mezzi per evitare di spendere un fantastigliardo in sei mesi, acquistare stoviglie e via dicendo. Tutti questi passaggi si compiono in gruppo. Perché, per quanto si possa essere spavaldi e disinvolti, tante cose assieme fanno un po’ paura, ed avere qualcuno a fianco con cui condividere scoperte e ritardi, timbri apposti ed insormontabili mura burocratiche può essere molto rassicurante. È per questo motivo che, per i primi giorni, gli studenti Erasmus si muovono in macrogruppi mononazionali.
Noi italiani, particolarmente numerosi, ci separammo spontaneamente in sottoinsiemi nati da istintive affinità, immediate simpatie, geografiche vicinanze. Questi gruppi poi con il passare del tempo si sarebbero sfilacciati, amalgamati con altri, mischiati fino a creare compagnie eterogenee e internazionali. Compagnie di amici provenienti da tutta Europa e da tutto il mondo.

Questi sono gli amici ma poi c’è anche la famiglia. No, non quella che ti aspetta in patria con un piatto caldo e il magone di mamma che “sta tanto in pensiero”.
La famiglia che istintivamente ti costruisci all’estero per avere una tana. Per avere un nucleo originario in cui rientrare a ricaricare le pile, a cercare sostegno incondizionato, a godere di sfacciato affetto.
Io avevo delle sorelle. Eravamo in sei. Sei sorelle. Degne della più classica letteratura. Noi eravamo le March della Alcott oppure le Bennet della Austen. Noi eravamo Jo, Amy, Meg o Liz. Noi eravamo tutto questo e molto di più. Noi eravamo e siamo le Comari. Le allegre comari di Windsor. Scoperteci per caso e per fortuna. Amiche a Berlino dodici anni fa e amiche ancora adesso.

Tutte italiane e tutte diverse.
Renée, la sorella maggiore, non per mere questioni anagrafiche ma per una predisposizione naturale. Da Brooklyn a Formia. Da Formia a Berlino. Chi può reggere shock culturali di tale portata, senza alzare neanche un sopracciglio, è destinata a guidare le folle, ad allacciare amicizie con tutto il mondo, a tenere la schiena dritta e lo sguardo fiero di fronte a tutte le avversità. A non mollare il timone neanche nella burrasca, anche se dallo sforzo sanguinano le mani, anche se delle volte sarebbe bello far capitanare la nave a qualcun altro e mettersi sul ponte a prendere il sole.
Sissi, figlia delle notti romagnole e della piadina, organizzatrice di eventi fin dalla culla. Una donna dalla punteggiatura risoluta. Per lei niente puntini di sospensione ma solo punti esclamativi. Per lei nessuna domanda ma solo risposte. A vent’anni i bambini le facevano orrore. Superati i trenta ne ha fatti 3, perché lei è un’ingorda e la vita l’affronta a testa bassa e bocca aperta. Aperta a divorare il mondo con un’allegra incontenibile follia.
Gra', la sorella bella. In tutte le famiglie ce n’è una. Nella nostra c’è lei. Bella come solo una donna del sud dal sangue campano sa essere. Bella di una bellezza sfacciata che non provoca invidia ma mette allegria. Bella e intelligente, ma anche sciroccata e imprevedibile. Gra' è la regina della notte che però va a dormire alle 22:30 perché ha sonno. Gra' è tutto e il contrario di tutto. Gra' era berlinese ancora prima di arrivare a Berlino, ma non sarebbe mai stata in grado di uscire senza cartina neanche dopo 6 mesi di permanenza. Perché lei è l’unica persona al mondo ad avere un senso dell’orientamento peggiore del mio.
Eli è la sorella minore. Quella che ha bisogno di sostegno ed aiuto. Quella che da piccola avrebbe voluto una famiglia normale, avrebbe voluto farsi la comunione con le sue amichette, avrebbe voluto tante cose. Quella che da piccina, con le trecce ed il pigiama rosa, entrava in un affollato soggiorno dei Parioli per augurare la buona notte a mamma e papà. A mamma, papà e a tutti i loro amici sempre in riunione.
“Buonanotte compagna Eli”, le dicevano.
“Buonanotte compagni”, rispondeva lei con poca convinzione.
Eli è fragile ma indistruttibile. Eli con il suo gatto nero dall’evocativo nome biblico: Giuda.
La Mari è la sorella in gamba. Dove gli altri tentennano, lei sorride. Dove gli altri faticano lei corre. Vissuta in una famiglia piena di uomini, scelse una facoltà da maschi, esibendo una femminilità naturale e mai ostentata. Durante i felici mesi tedeschi, La Mari non ha comunque mai smesso di pensare con nostalgia al suo lago di Como. Ci pensava mentre si adattava senza fatica e con superiore distacco all’immensa Berlino. Berlino che stregava ed ammaliava tutti. Tutti tranne lei. Lei che non si faceva conquistare ma conquistava.

E poi c’ero io. Ci sono io. E di me sapete già tutto.

Continua...

5 commenti:

  1. Ogni persona che descrivi appare come un viaggio nella conoscenza dell'altro, ma soprattutto come scoperta di te stessa in una dimensione "altra" e nuova perché nascente dall'incontro con le diversità.

    E se ho sempre rimpianto di non aver fatto l'erasmus, ora ho il rimorso di aver fatto altro.
    Con odio,
    Don Fabrizio

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    1. Niente rimpianti e niente rimorsi. Le tue scelte hanno fatto di te Don Fabrizio, ti pare poco?

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  2. da Remedios-Licia:
    sono appena diventata una tua assidua lettrice e già mi commuovo leggendo delle comari... sembra di essere lì con voi, mentre scrivi. Sembra di essere una di voi.
    Niente Erasmus per me, qualche rimpianto ce l'ho. Mi conosco, mi piace viaggiare (vacanza o lavoro), ma quando dall'aereo del ritorno rivedo le mie amate Orobie, gli occhi sono sempre un po' lucidi e grati di essere tornati a casa...

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    1. Ciao Licia, che piacere leggerti anche qua.
      Sono molto legata a questo post e sono contenta che tu ne abbia colto il forte lato emotivo.

      ps: ci sentiamo fra poco...sto lavorando per te ;)

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