venerdì 30 marzo 2012

13. Die Schwarzwaldklinik

Superati i giorni di adattamento, la fase da turista, lo stupore per i primi surreali incontri e gli episodi imbarazzanti, iniziò finalmente anche la mia vita vera e propria da studentessa di medicina all’estero.

Per cominciare subito con il piede giusto, al primo incontro di noi stranieri con la coordinatrice ed i nostri buddy(*) mi presentai con un olimpionico ritardo.

Io, tra gli altri, ho due grandissimi difetti: sono assolutamente incapace di essere puntuale e totalmente priva di senso dell’orientamento.
Riguardo al primo ho una mia teoria: essendo nata con più di quattro settimane di anticipo godo di un bonus di tempo da utilizzare per arrivare tardi agli appuntamenti. Ma ormai negli anni ho accumulato così tanto ritardo che, per giustificarlo, dovrei aver visto la luce alla seconda o terza settimana di gestazione.
Per quanto riguarda l’orientamento, anche in questo caso ho un’inattaccabile teoria: sono rimbambita. Se devo scegliere tra due direzioni, scelgo sempre quella sbagliata. Se fossi una di quelle cavie che, all’interno di un labirinto, devono trovare l’uscita per meritarsi il formaggio, sarei una cavia morta di fame.

Quindi, sommando queste due caratteristiche al fatto che mi trovassi in una città che mi era ancora per lo più sconosciuta, il risultato fu inevitabile.
Prima di arrivare alla Benjamin Franklin, sede della facoltà di medicina della Freie Universitaet, finì in una clinica abbandonata prossima alla demolizione e poi in un casermone più simile ad un carcere che ad un ospedale.
Finalmente, quando ormai avevo perso ogni speranza, con un’ora abbondante di ritardo sulla tabella di marcia, trovai la clinica giusta.
Un ospedale enorme, lindo e nuovissimo, immerso in un parco col prato all’inglese, dove passeggiavano dottori affascinanti dai camici perfettamente stirati e pazienti dalle gote rosee e lo sguardo pieno di speranza per il futuro. O io ero talmente felice di avere trovato finalmente il posto giusto da avere le allucinazioni, o parte dei soldi del sistema sanitario tedesco vengono spesi per pagare dei figuranti che diano ai nosocomi quell’aria tipica da “La Clinica della Foresta Nera”. A tutt’oggi propendo per la seconda ipotesi.

Raggiunsi i miei compagni nel mezzo di una visita guidata delle varie aule. Brigitte, la coordinatrice col vocione e la stazza da tedesca cattivissima ma la facciotta tonda ed il sorriso rassicurante della tedesca buona che vive in un alpeggio, mi prese da parte. Io ero già pronta a beccarmi il primo cazziatone in lingua crucca ed invece lei, con fare cospiratorio, mi sussurrò: “Felix, il tuo buddy, è già andato via ma mi ha detto che vi vedrete al prossimo incontro, ok?”. Il tutto accompagnato da una strizzatina d’occhio ed un sorriso malandrino. Io ero troppo felice di non essere stata sgridata per interessarmi d'altro, e solo al successivo appuntamento avrei compreso la strizzatina d’occhio, il sorriso malandrino e la ricerca di complicità tra donne. Ma non voglio anticiparvi troppo.

Alla fine del giro turistico tornammo tutti nell’ufficio Erasmus, dove ci venne chiesto se ci fosse qualcuno in difficoltà con il tedesco. Due timide mani si alzarono, la mia e quella di un'altra ragazza, entrambe italiane. Della serie: facciamoci sempre riconoscere.
Gitte (Brigitte) ci consigliò di cercare un corso intensivo di lingua, mentre lei avrebbe organizzato gli orari delle nostre lezioni in modo da riuscire a fare incastrare il tutto. Miracoli dell'efficienza teutonica.

Appena rimaste sole, l’altra ragazza, dotata di un ego spropositato secondo solo alla sua travolgente simpatia, mi raggelò con un acido ”A me non serve un corso, mi basteranno solo poche ore: sono sempre stata molto portata per le lingue”, a cui io risposi sinceramente con un “Beata te, io mica tanto.”
Da quel momento le nostre strade si divisero. Ma non per sempre.

(*)buddy: indigeno il cui compito è rispondere alle moleste richieste e insidiose domande dello studente straniero in trasferta germanica.

Continua...

4 commenti:

  1. noo, mi lasci con la curiosità di sapere qualcosa sul tuo buddy!

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  2. ah, questi finali che lasciano sete e il seme dell'immaginazione..

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