giovedì 15 marzo 2012

7. Due giorni da turista

Riavuti finalmente i miei effetti personali, riacquistai il sorriso, indossai un paio di scarpe comode e, per i due giorni successivi, vestii i panni della sfaccendata turista.

Furono quarantotto ore meravigliose, durante le quali iniziai a prendere confidenza con Berlino.
Mi mossi lentamente ed in maniera disordinata, seguendo l’ispirazione del momento, senza alcun piano prestabilito. Non avevo bisogno di rincorrere metropolitane od orari dei musei, potevo prendermela con comodo, avevo tutto il tempo del mondo, avevo sei mesi.

Cominciai con le due piazze più importanti della città, due luoghi che appartengono a mondi diversi, due sorelle che dall’aspetto e l’atmosfera non sembrano neanche lontane parenti.
Potsdamer Platz, rinata dalle proprie ceneri in seguito alla caduta del muro. Una cattedrale nel deserto, uno spicchio di Tokio in mezzo al nulla. Completamente disarmonica con il resto della città, ma per questo non priva di un suo peculiare e perverso fascino.
Ed Alexander Platz, cuore pulsante della vecchia Est. Dall’aria sdrucita e vissuta, con i punkabbestia ed i loro cani da una parte, e gli anonimi palazzoni di evidente stampo sovietico dall’altra. Sporca ma intrigante, come una donna che sta invecchiando male, ma che a tratti mostra ancora indizi del fascino di gioventù.

Passeggiai pigramente lungo l’arioso Unter den Linden, il viale sotto i tigli, andando incontro alla Porta di Brandeburgo. La classica immagine da cartolina, ma di cui si apprezza l’autentica bellezza solo dal vivo.
Costeggiai il Reichstag, il noto parlamento dalla cupola trasparente, fino a raggiungere Tier Garten, il parco principale della città.
Lì gli uccellini cinguettarono per me dolci melodie, gli scoiattoli mi sorrisero dagli alberi ed io, novella Biancaneve, zompettai felice con l’aria lieve ed idiota che ci si può permettere solo a mille chilometri da casa.

Nel bel mezzo della mia bucolica passeggiata notai delle macchie color rosa pallido stagliarsi in lontananza su di un prato. Calcai meglio gli occhiali sul naso e mi avvicinai incuriosita, fino a quando finalmente non compresi quale fosse il soggetto che stavo osservando con tanta attenzione.
Un tedesco nudo.
Anzi no, due tedeschi nudi.
Oh cielo, tre tedeschi nudi.
Insomma, un bel po’ di tedeschi nudi.
Avevo sempre desiderato conoscere il popolo germanico, ma non intendevo mica tanto intimamente e soprattutto non così in fretta. Senza un minimo di corteggiamento, una birra assieme, un cinema, una cenetta per rompere il ghiaccio.

In realtà scoprii quel pomeriggio, in maniera magari un po’ traumatica ma decisamente di grande effetto, che in Germania, in generale, e in quella dell’Est, in particolare, è molto diffuso il naturismo. Ed è socialmente accettato, anche se non credo legalmente riconosciuto, praticarlo con discrezione presso parchi e laghi cittadini.
Io, che ignoravo del tutto la faccenda, mi trovai a dover rapidamente scegliere fra tre opzioni: scappare scandalizzata urlando come una gallina isterica, rotolarmi a terra dal ridere per i rosei pipini esposti, od assumere l’aria indifferente, quasi annoiata, della donna di mondo abituata a tutto.
Ovviamente scelsi la terza via e fischiettando continuai tranquillamente la mia passeggiata.

Chissà quante altre sorprese mi avrebbe riservato questa città, ricca di storia, cultura e simpatici zuzzurelloni ignudi.

Continua...

3 commenti:

  1. "i rosei pipini esposti" :oD

    Anche a Monaco di Baviera un angolino dell'englischer Garten è riservato ai nudisti.

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  2. Adoro i tedeschi: se non ci fossero, bisognerebbe inventarli :P

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  3. Bè alla fine è tutta una questione di abitudine! E' come per le saune, se vai in Alto Adige è proibito entrare con il costume, 30 km più in giù è proibito senza. Siamo noi che siamo un po' bacchettoni mi sa! Certo, non abbiamo neanche parchi che sembrano boschi... :)

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