mercoledì 28 novembre 2012

55. L'Erasmus dà. L'Erasmus toglie.

Un'altra tappa imperdibile di ogni Erasmus che si rispetti è la visita da parte degli amici.
C'è chi ha ricordi meravigliosi di quei momenti.
C'è chi, come me, NO.

Verso fine febbraio, BellaeSfortunata e LaBionda, mi annunciarono il loro imminente arrivo.
Per telefono mi chiesero:
"Fa molto freddo?"
Ed io, nel bel mezzo di uno degli inverni berlinesi più caldi della storia, non potei che rispondere loro "il clima è mite. Da una settimana c'è sempre il sole: state tranquille!"

Nel momento in cui il loro aereo toccò terra tutti gli elementi naturali si scatenarono. I burloni Dei Germanici iniziarono a complottare, ed ebbe inizio il marzo teutonico più freddo e piovoso di tutti i tempi.
"Ma che ci stavi a prendere in giro?", mi chiesero le mie zuppe amiche.
"Fino a ieri il tempo era bello"
"Taci!"
"Sul serio!"
"L'Erasmus t'ha fatto male!"
Il loro breve soggiorno berlinese e la nostra breve convivenza non sarebbe potuta cominciare sotto auspici peggiori.

Con loro, l'estate precedente, avevo condiviso una divertente e faticosa vacanza in tenda tra Mikonos e Paros. Con loro, pochi mesi prima, avevo affrontato quel famoso, gelido e folle Capodanno. Ma niente riuscì a mettere alla prova la nostra amicizia come quei pochi giorni assieme a Berlino.

Sono anche disposta a prendermi la mia parte di colpa: io, ormai, ero in Germania da tanti mesi, mi ero costruita il mio nido ed ero stata arricchita da un milione di esperienze diverse. E, diciamo la verità, forse per questo me la tiravo pure un poco.
Ma loro, soprattutto LaBionda, furono in grado di toccare vette d'insopportabilità mai raggiunte fino a quel momento.

Queste due ragazze, giovani e sveglie, avevano riempito i loro zainetti ed erano venute a Berlino. Io mi aspettavo che volessero divertirsi, vedere bei posti, e conoscere gente nuova. Ma invece.
BellaeSfortunata aveva la vitalità di un bradipo anziano, era sempre stanca, e non voleva mai andare da nessuna parte.
LaBionda, al contrario, era iperattiva, fotografava qualsiasi cosa ma criticava tutto. Le sue frasi must della vacanza furono: "Carino, ma i nostri monumenti sono più belli!"
"Non male, ma l'Italia è un'altra cosa!"
"Sì, vabbè, ma vuoi mettere quanto ci vestiamo meglio noi?"
E così via, con una serie di frasi fatte che manco le mie nonne in stereo sarebbero riuscite a produrne in così gran quantità.

Ma se di giorno, in giro per la città, nascondevo la mia irritazione dietro un paretico sorriso. La sera, in giro per feste e locali, ringhiavo apertamente meditando l'eliminazione fisica delle mie due adorabili amiche. Queste, dimenticando le regole base della buona creanza e dimostrando assoluta mancanza di curiosità intellettuale oltre che apertura mentale, si ostinavano a parlare solo italiano limitando le proprie interazioni a connazionali e iberici.
"Ma perché non provate con l'inglese? C'è tanta gente interessante qua da conoscere", cercavo di spronarle.
"No, io mi vergogno. E se sbaglio la coniugazione di un verbo?", rispondeva una.
"No, io non c'ho proprio voglia di far fatica", aggiungeva l'altra.

Non è bello da dirsi ma, quando se ne andarono, mi sentii sgravata di un peso.
Al mio ritorno in patria riallacciammo le nostre amicizie, ma niente fu mai più come prima.

L'Erasmus, come tutte le esperienze forti ed intense, ti cambia. Che sia in meglio o in peggio, dipende dai punti di vista.
Il mio è evidente.

Quei sei mesi mi portarono sentimenti, consapevolezza ed un enorme bagaglio di esperienza.
Si può fare un passo avanti e 1000 passi indietro, ma certi ricordi possono aiutarti a continuare comunque a camminare.

Continua...

mercoledì 21 novembre 2012

54. La febbre del sabato sera

Io dell'Erasmus non mi sono fatta mancare proprio niente. Dalle cose più frivole e superficiali: come il cambio di look e il piercing all'ombelico. Alle cose davvero importanti: come l'amicizia e l'amore.

Io dell'Erasmus non mi sono fatta mancare proprio niente. Ho persino vissuto l'esperienza del febbrone da cavallo in terra straniera.

Una notte andai a dormire in perfetta forma per poi svegliarmi l'indomani con due tonsille grosse come palline da tennis, la fronte talmente calda da cuocerci sopra un paio di uova al tegamino, e la brillantezza mentale di un novantenne sedato.

Con le poche forze ancora in mio possesso mi trascinai fino all'Apotheke più vicina. E là potei stringere tra le mie avide e calde mani la mia salvezza, la mia migliore amica, il mio unico appiglio così familiare e globalizzato: l'aspirina effervescente.
Sempre sia lodata!

Tornata a casa indossai nuovamente pigiama e calzettoni d'ordinanza, attendendo che i germi teutonici facessero scempio del mio fragile corpo.

In momenti così ci si sente soli e si torna bambini. Ci si vorrebbe accucciare tra le rigide e fastidiose lenzuola di flanella della nonna. Si vorrebbero le cure del medico che veniva a visitarci a casa, e scriveva le ricette degli antibiotici con la nostra penna d'Iridella. Si vorrebbero le caramelle della farmacia sottocasa.

A me, tutto sommato, sarebbe bastata la mamma.

Ma anche in quel caso l'Erasmus riuscì a sorprendermi.
Murata sotto il piumone, ebbi la fortuna di ricevere il sostegno morale e pratico di molti dei miei amici berlinesi. Ebbi il privilegio di godere della rete di assistenza tessuta in mesi di frequentazioni e importanti momenti condivisi.
Oltre che con telefonate ed sms, venni coccolata anche con dolcetti e la nota zuccherosa bevanda americana, l'unica cosa che io riesca a bere quando gola e tonsille cercano di strozzarmi come una vecchia gallina.

Anche Elmar cercò di rendersi utile ma io lo tenni letteralmente dietro alla porta, a miagolare per telefono: "Io voglio venirti a trovare! Voglio farti le coccole!"
"Mio crucco tenerone, io invece preferirei di gran lunga che tu ti ricordassi di me così com'ero fino all'altra sera: un irresistibile bocconcino. Se sopravvivrò potremmo riprendere a limonare come una lavatrice in piena centrifuga, altrimenti conserverai la gnocchitudine della tua defunta fidanzatina italica tra i ricordi di gioventù più struggenti."
"Ma io..."
"Ti prego: lasciami abbrutire liberamente. Lascia che solo io assista a questa orgia tra germi tedeschi e anticorpi sabaudo-siciliani!"

Ma permettetemi di ricordare con particolare affetto soprattutto colei che ricoprì il ruolo più importante nel mio processo di guarigione: la nordica coinquilina Marije.
Ella, dopo avermi vista così malandata, prima mi preparò la minestrina più schifosa di tutti i tempi. E a preparare una minestrina schifosa, converrete con me, ci vuole proprio un certo talento ed un grandissimo impegno.
Poi, dopo avermi assicurato il suo sostegno devoto ed incondizionato, "Se hai bisogno, io sono nella stanza accanto, basta che chiami e corro!", uscì con il fidanzato per fare ritorno a casa 48 ore dopo.
Quarantotto ore dopo!

Marije, tesoro, sono passati dodici anni e sento ancora il bisogno di dirtelo: ma vaff...

Perdonate l'ineleganza ma quando ce vò ce vò.

Continua...

domenica 18 novembre 2012

53. Gelosia, passione e ricordi

Quella fu una serata davvero indimenticabile.
E non solo per l'appassionato bacio, scambiato alla ragguardevole altezza del metro e 94 centimetri sopra il livello del primo piano berlinese.

Quella fu la serata in cui Stefan, testimone involontario delle italiche-crucche effusioni, mi fece una scenata di gelosia in piena regola.
"Brava!", disse, "Brava! Vedo che ti sei trovata un nuovo fidanzato!"
Il tutto condito da vocetta isterica, che a sorpresa rendeva il suo eloquio più comprensibile, e plateale applauso rumoroso e solitario.
A poco valeva il fatto che tra me e lui non ci fosse stato mai niente. Né un vero appuntamento, né un bacio. Niente di niente. Evidentemente lui aveva deciso che stavamo assieme, contro ogni evidenza e contro la mia stessa volontà.
Stefan, a ventisei anni suonati, era come quei bambini dell'asilo che hanno la fidanzata ma "lei non lo sa".

Quella fu anche la serata in cui Eli e David si chiusero nella stanza dove si trovavano tutte le nostre giacche.
"Pancrazia", mi disse Sissi, "qua c'è gente che deve andare via e quei due deficienti non aprono e non rispondono. Vai a parlarci tu!"
"Io???"

Non so perché, ma io finivo sempre col trovarmi in situazioni di questo tipo.
La gente mi guardava in faccia e decideva che fossi sufficientemente affidabile, diplomatica o, semplicemente, paracula per essere piazzata in prima linea.
Alla gita delle superiori ci si trovava tutti in una stanza a fare casino? E secondo voi chi veniva mandata ad aprire la porta quando bussava un professore inferocito?
Un'amica giovane ed inesperta aveva bisogno di qualche acquisto particolare in farmacia? E secondo voi chi veniva spedito davanti al bancone a fare la disinvolta donna di mondo?
Due amici presi dalle fregole sessuali si chiudevano in una stanza nel bel mezzo di una festa? E secondo voi chi veniva scelto per richiamarli all'ordine e, soprattutto, per liberare giacconi e borse tenuti in ostaggio nella suddetta camera?
Io. Io. Io. Sempre io! Con la scusa che "I professori di te si fidano", oppure "In questo quartiere non ti conosce nessuno", o ancora "A te daranno retta!"
Ecco, fu proprio questo ciò che mi disse Sissi: "Vai tu, che a te daranno retta!"

E così io mi trovai dietro una porta a sussurrare: "Ragazzi, per piacere, aprite. Ci servono i giacconi"
Silenzio.
A dichiarare: "Ragazzi, io sono sinceramente contenta che voi siate una coppia appassionata, ma non potreste farlo a casa vostra?"
Silenzio.
A minacciare: "David, cazzo! Tirati su i pantaloni e vieni ad aprire questa porta. E se la mia giacca è anche solo stropicciata io vi corco di mazzate tutti e due!"

David aprì.
In fondo aveva avuto ragione Sissi: mi avevano dato retta.
Li avevo conquistati con la mia proverbiale dolcezza, abbinata al mio accento tedesco da gendarme.

Ma quella fu soprattutto la serata in cui, nel bel mezzo delle italiche-crucche effusioni, venni chiamata da cinque voci amiche: "Pancraziaaaaaaaa dove sei? Vieni a farti una foto con noi!"
Io, mollato Elmar in un secondo, corsi nell'altra stanza, e al grido di "L'ho baciato!" mi misi in posa con le ilari cinque Comari.
Ne nacque una foto che ancora adesso è un feticcio.
L'unica che ci ritrae tutte assieme.
Un'immagine di amicizia, giovinezza, felicità, sogni e speranze.
Il più dolce dei ricordi.
Il più severo dei moniti.

(Nel caso siate miei amici su facebook: sì, è proprio quella foto lì. E sì, io sono il bocconcino biondo sulla sinistra)

Continua...

mercoledì 14 novembre 2012

52. Der Kuss

Dopo la lunga e laboriosa preparazione, Sissi, Alan ed io fummo finalmente pronti per lasciare il mio appartamento ed affrontare il freddo berlinese.
Passeggiammo tutti e tre a braccetto per Prenzlauerberg fino a raggiungere l'appartamento de La Mari, dove si sarebbe svolto l'ennesimo party.

Del resto, a condividere la casa con tre ragazzi spagnoli, il minimo che ti possa capitare è di organizzare continuamente gran feste e far sfrenata bisboccia.
Che dire? Era un duro lavoro ma La Mari lo sapeva fare egregiamente: con classe, sobrietà e genuino divertimento. 

Al portone c'imbattemmo nel bell'Elmar (il destino mandava segnali inequivocabili!) e nel suo amico Jan. Quest'ultimo, non riuscirò mai a dimenticarlo, neanche dopo una doppia lobotomia carpiata ritornata, era impegnato ad annaffiare le peonie del custode con il proprio crucco augello (il destino aveva un pessimo tempismo ed un senso dell'umorismo ancora peggiore!).

Salimmo tutte e cinque assieme e ci mescolammo tra la folla che già riempiva il piccolo appartamento.

Quel mattino, quando ero uscita di casa, ero sicura di avere ancora 24 anni appena compiuti. Ma quella sera mi ritrovai ad averne circa tredici.

La mia amica Clena, che condivideva la casa con Elmar ma il passato allo Studentato con me, si dichiarò immediatamente mia complice ed alleata. Per ufficializzare questo suo ruolo non esitò a riferirmi, con dovizia di particolari, tutto ciò che il crucco inquilino le aveva già detto su di me ed il nostro interminabile primo appuntamento.
A quanto pare, il fisarmonicista lungagnone era rimasto molto impressionato dalla mia parlantina, il mio volitivo temperamento italico e...
Ed il mio culo.
Quest'ultimo, a dire il vero, l'aveva già colpito in precedenza ed era stato probabilmente l'artefice del nostro primo appuntamento. Quando si dice il romanticismo!

Il mio amico milanese Gabriele mi accusò di tradimento della patria.
"Fai comunella con lo Straniero? Vergognati!"
"Ma tu non esci con quella bella ragazza greca?"
"Sì, e che c'entra? Voi Donne non dovreste uscire con lo Straniero. Non si fa!"
Se non ricordo male, si batté anche il petto a mo' di gorilla della montagna.
Ed il giorno dopo mi chiese di uscire con lui. Quando si dicono le accuse disinteressate!

Le mie adorate comari presero a girare intorno a me ed Elmar con fare curioso e cospiratorio. Le battute ed i doppi sensi, in italiano ed in tedesco, si sprecarono.
Lo spilungone non li capiva, in qualunque lingua gli venissero proposti.
Io, invece, desideravo solo correre a nascondermi, non prima di avere corcato di mazzate le mie fedeli e "sciocchine" amiche. Quando si dice la forza dell'amicizia!

Insomma, era bastata una sola rampa di scale per essere magicamente proiettata nel bel mezzo di un intervallo di seconda media. Stessa maturità, stesso umorismo, stesso imbarazzo. Ci mancavano solo i ciuffi tenuti su con kg di lacca, e la focaccia del panettiere all'angolo.

Stressata da tanto adolescenziale delirio ma ringalluzzita dalle cospiratorie confidenze di Clena, decisi nell'ordine di: smetterla di menar il can per l'aia, andare a lardo fin quando non ci lasciavo lo zampino, essere la capra sopra la panca, disarcivescovizzare l'arcivescovo di Costantinopoli, e fare una palla di pelle di pollo.

Insomma, avete capito, no?
No?
Ma vi devo spiegare tutto nel dettaglio? Va bene.

Messo il povero Elmar letteralmente con le spalle al muro, ne scalai la possente fisicata e, esibendo tutto il mio italico temperamento, lo baciai come se non ci fosse un domani.

Le campane suonarono, il pubblico applaudì, le comari festeggiarono.
Eh sì, ovviamente, le lingue si unirono.

Continua...

Pancrazia in Berlin - Il Ritorno

Poche righe per avvertire i lettori distratti e i passanti ignari che dall'altra parte, su Radio Cole , sto raccontando il mio ultimo vi...