mercoledì 21 novembre 2012

54. La febbre del sabato sera

Io dell'Erasmus non mi sono fatta mancare proprio niente. Dalle cose più frivole e superficiali: come il cambio di look e il piercing all'ombelico. Alle cose davvero importanti: come l'amicizia e l'amore.

Io dell'Erasmus non mi sono fatta mancare proprio niente. Ho persino vissuto l'esperienza del febbrone da cavallo in terra straniera.

Una notte andai a dormire in perfetta forma per poi svegliarmi l'indomani con due tonsille grosse come palline da tennis, la fronte talmente calda da cuocerci sopra un paio di uova al tegamino, e la brillantezza mentale di un novantenne sedato.

Con le poche forze ancora in mio possesso mi trascinai fino all'Apotheke più vicina. E là potei stringere tra le mie avide e calde mani la mia salvezza, la mia migliore amica, il mio unico appiglio così familiare e globalizzato: l'aspirina effervescente.
Sempre sia lodata!

Tornata a casa indossai nuovamente pigiama e calzettoni d'ordinanza, attendendo che i germi teutonici facessero scempio del mio fragile corpo.

In momenti così ci si sente soli e si torna bambini. Ci si vorrebbe accucciare tra le rigide e fastidiose lenzuola di flanella della nonna. Si vorrebbero le cure del medico che veniva a visitarci a casa, e scriveva le ricette degli antibiotici con la nostra penna d'Iridella. Si vorrebbero le caramelle della farmacia sottocasa.

A me, tutto sommato, sarebbe bastata la mamma.

Ma anche in quel caso l'Erasmus riuscì a sorprendermi.
Murata sotto il piumone, ebbi la fortuna di ricevere il sostegno morale e pratico di molti dei miei amici berlinesi. Ebbi il privilegio di godere della rete di assistenza tessuta in mesi di frequentazioni e importanti momenti condivisi.
Oltre che con telefonate ed sms, venni coccolata anche con dolcetti e la nota zuccherosa bevanda americana, l'unica cosa che io riesca a bere quando gola e tonsille cercano di strozzarmi come una vecchia gallina.

Anche Elmar cercò di rendersi utile ma io lo tenni letteralmente dietro alla porta, a miagolare per telefono: "Io voglio venirti a trovare! Voglio farti le coccole!"
"Mio crucco tenerone, io invece preferirei di gran lunga che tu ti ricordassi di me così com'ero fino all'altra sera: un irresistibile bocconcino. Se sopravvivrò potremmo riprendere a limonare come una lavatrice in piena centrifuga, altrimenti conserverai la gnocchitudine della tua defunta fidanzatina italica tra i ricordi di gioventù più struggenti."
"Ma io..."
"Ti prego: lasciami abbrutire liberamente. Lascia che solo io assista a questa orgia tra germi tedeschi e anticorpi sabaudo-siciliani!"

Ma permettetemi di ricordare con particolare affetto soprattutto colei che ricoprì il ruolo più importante nel mio processo di guarigione: la nordica coinquilina Marije.
Ella, dopo avermi vista così malandata, prima mi preparò la minestrina più schifosa di tutti i tempi. E a preparare una minestrina schifosa, converrete con me, ci vuole proprio un certo talento ed un grandissimo impegno.
Poi, dopo avermi assicurato il suo sostegno devoto ed incondizionato, "Se hai bisogno, io sono nella stanza accanto, basta che chiami e corro!", uscì con il fidanzato per fare ritorno a casa 48 ore dopo.
Quarantotto ore dopo!

Marije, tesoro, sono passati dodici anni e sento ancora il bisogno di dirtelo: ma vaff...

Perdonate l'ineleganza ma quando ce vò ce vò.

Continua...

6 commenti:

  1. Ma carissima Jane,
    tu hai conservata intatta tutta la tua gnocchitudine!!
    In barba alla mara Marije alla quale tutti in coro dedichiamo insieme a te un bel vaff...

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  2. Mi sto scompisciando dalle risate! Marije è un genio del male, e mi unisco al coro di vaffa.

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  3. Mmmmmhhh... Secondo me la minestrina orrida era un piano (fallito) per eliminarti definitivamente e godersi le sue 48 ore di sesso sfrenato senza l'incomodo di assistere l'amica malandata !


    In ogni caso, una bella stronza non c'è che dire...

    ---Alex

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  4. Marije ormai sara' una botte gonfia di birra come (quasi) tutte le nordiche.

    A.

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