mercoledì 27 giugno 2012

32. Pigmalione

Quel 26 dicembre del 2000 lo trascorsi con il mio Ex.
Sì, proprio colui che tanto avevo amato.
Sì, proprio colui che mi aveva mollata per telefono senza troppe cerimonie.
Sì, proprio colui che mi aveva portato a scegliere l'espatrio pur di smettere di soffrire.

Ero arrivata a Torino da pochi giorni quando il mio cellulare trillò la sua innocua richiesta: "Ciao Pancrazia, ti va di venire a pranzo da me? Tagliatelle al ragù!"
"Ci vediamo a Santo Stefano", gli risposi.

La nostra relazione era finita per un sacco di ottime ragioni ma fondamentalmente perché a lui, ad un certo punto, era venuta la sindrome da Pigmalione. Quello di George Bernard Shaw. Quello che prende la fioraia cafona e, per scommessa, la trasforma in una signora dell'alta società.

Allo stesso modo lui aveva deciso di volermi cambiare, di voler rendermi una persona migliore, di voler farmi "uscire dal guscio" come amava ripetere spesso.
L'impresa in parte gli era riuscita. Mi aveva cambiata. Ma mi aveva cambiata in peggio, trasformandomi da ragazza gagliarda in una mollacciona insicura. Per poi chiudere il nostro rapporto con il più classico dei: "Non sei più la donna di cui mi ero innamorato."

Quel giorno di festa, dopo tutto il tempo passato e le esperienze vissute, ci ritrovammo nuovamente a casa sua. Da soli. Cuore a cuore. E ne approfittammo per raccontarci gli ultimi mesi che ci avevano visti distanti.
Lui elencò, con dovizia di particolari e dimostrazione di profonda sensibilità, i viaggi, le avventure, e perfino tutte le storielle sentimentali orgogliosamente inanellate fino a quel momento.
Io, reprimendo il desiderio di prenderlo a mazzate sulle gengive, gli raccontai del mio Erasmus, delle scoperte, delle risate e dei mille incontri.

Fu proprio nel bel mezzo di uno dei miei aneddoti berlinesi, che lui disse ciò che tanto a lungo avevo atteso: "Sei diventata così indipendente e sicura di te. Sei uscita dal tuo guscio!"
A quel punto ebbi l'occasione di rispondergli: "Lo scorso mese ho letto Pigmalione. Ne parlavi spesso, ricordi?"
"Certo"
"Ma tu l'hai mai letto?"
"No, però ho visto My Fair lady. E il libro com'è?"
"Bellissimo. Nella versione originale lei se ne va e lascia lui da solo, come un cretino."

Certe storie bisogna leggerle dall'inizio alla fine. Non ci si può affidare ai bignami o alle stucchevoli rivisitazioni hollywoodiane.
Certe storie bisogna viverle per coglierne il vero significato.
Certe storie, a loro modo, hanno comunque un lieto fine. Almeno per la protagonista femminile.


Continua...

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