martedì 7 agosto 2012

40. Stefan, il ragazzo che sussurrava ai cavalli. E neanche questi lo capivano.

Una sera d'inizio gennaio mi trovai quasi per caso in discoteca. Non uno dei miei soliti, stropicciati e sudaticci locali con solo musica rock, ma una vera discoteca berlinese dove la techno la faceva da padrona e gli uomini indossavano camice altamente infiammabili.

Quella sera i tedeschi erano più strani del solito. Al posto dei loro tipici sguardi obliqui da conquistatore timido, esibivano sorrisoni aperti e disinvolti.  Invece di fare da alcolica tappezzeria dimostravano un sospetto entusiasmo ed una sorprendente smania comunicativa.

Io non riuscivo proprio a capire quale fosse la motivazione di un tale evidente e repentino cambiamento. Erano tutti fatti come cucuzze?
O ero io a sprizzare feromoni da ogni poro?
Allibita cercai di affrontare l'argomento con i miei amici, ma questi fecero spallucce ed affermarono di non sapere di cosa stessi parlando.
Mentitori!

Fu per caso e per merito della mia vescica che scoprii la causa di tale anomalia.
Nella spasmodica ricerca dei bagni m'imbattei in un cartello che non lasciava adito a dubbi: la scritta "Fisch sucht Fahradd"(*) incorniciava un ittico ciclista.

 Oh perdindirindina!
Ero nel bel mezzo di un single party. Una tradizione tipicamente berlinese che deve il suo nome al vecchio motto femminista: "Una donna ha bisogno di un uomo, come un pesce di una bicicletta".

Quegli infingardi dei miei amici mi avevano trascinato ad una serata di quel tipo senza aver l'accortezza di avvertirmi, anzi omettendo volutamente l'informazione.
Mi diressi verso di loro col dente avvelenato, lo sguardo assassino, ed il passo marziale quando fui intercettata da un ragazzo moro in t-shirt.

Sarà dipeso dal sorriso gentile o dai bicipiti scolpiti. Onestamente non ricordo quale fu il motivo principale. Fatto sta che, invece di fare una tipica Pancraziatica scenata ai miei compari, mi fermai a parlare con Stefan.

In realtà ciò non è completamente esatto. Non mi fermai a parlare con lui, ma solo ad ascoltarlo. Ascoltarlo, ascoltarlo, senza capire assolutamente nulla.

Stefan veniva da una zona remota della Germania, tra folletti e marziani, dove non si parlava tedesco ma una lingua sconosciuta. Sconosciuta ai più tranne che a lui e ai suoi amichetti verdi.

Stefan parlava parlava parlava e nessuno lo capiva. Figurarsi io!

In realtà, scoprii immediatamente che il problema di base non era la lingua ma la velocità con cui il mio nuovo amico articolava il linguaggio. Dopo 5 minuti di frustrazione, infatti, gli chiesi:
"Scusa, ti dispiace se parliamo in inglese? Faccio proprio fatica a capirti in tedesco"
"No problem...fghjkloiuytgf bnm hjkkkk uj fvbnjk"
"Ecco. Perfetto. Così va molto meglio."
Qualunque fosse l'idioma utilizzato da Stefan, il risultato era sempre il medesimo. Il ragazzo dai bicipiti di ferro e i pettorali di marmo apriva bocca e attorno regnavano immediatamente enormi punti interrogativi, sconcerto e confusione.

Ovviamente un individuo tale ebbe il destino segnato.
Uno così non poteva che entrare a far parte del nostro gruppo.
Ce li sceglievamo col lanternino noi! Modestamente.

Continua...

(*) Pesce cerca bicicletta

2 commenti:

  1. oddio questi sono i peggiori! Di solito io reagisco con una cofana di sorrisi, qualche "Aha" e qualche cenno del capo ogni tanto. Il dramma? Quando arriva dall'altro un bel: "Giusto? Che ne dici tu?". Generalmente per salvarsi si può 1) dire il classico "Scusa mi sono appena ricordata di avere un appuntamento col podologo, scappo!" 2) dire "Eeeehhh...sorry?" e fare figuradimmerda.

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  2. L'appuntamento col podologo è una scusa perfetta! :D

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Pancrazia in Berlin - Il Ritorno

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