giovedì 6 settembre 2012

43. Augenheilkunde

Augenheilkunde.
Una parola che fa paura, eh?
E ancora non sapete quanto!
Letteralmente significa "medicina degli occhi". Oftalmologia.

Oftalmologia fu uno dei tre corsi che seguii durante il mio semestre berlinese e, in assoluto, fu quello che mi diede più problemi e mi tolse più ore di sonno.
Ciò non dipese affatto dalla difficoltà della materia, oggettivamente tra le meno ostiche in medicina, ma da un contrattempo che mi regalò un viaggio di sola andata nella "teutonica elasticità mentale". Un viaggio che ancora oggi mi fa rabbrividire al solo pensiero.

Tutto ebbe inizio una tranquilla mattina di gennaio quando, piena di buoni propositi, mi recai alla mia prima lezione pratica di oftalmologia. Mi sedetti su una seggiola e, dopo pochi minuti, scoprii con raccapriccio che quella non era la prima, ma bensì la quarta delle lezioni.
E le precedenti?
Le avevo perse e con esse anche la possibilità di raggiungere il monte minimo di ore richiesto. Questo era pari al 70%. Io raggiungevo il 66%. Quattro miseri punti di scarto diedero il via ad un incubo di rincorse, porte chiuse in faccia, suppliche e frustrazioni.

Come aveva potuto verificarsi una tale accademica catastrofe?
Per una volta posso dire, senza paura di essere smentita, che: non fu colpa mia! Affatto.
Io non c'entravo niente.
Ero vittima, non colpevole.
Gitte, la mia solerte coordinatrice Erasmus, aveva preso una cantonata pazzesca, un abbaglio monumentale, dandomi delle date di riferimento completamente sbagliate.
L'errore era di stampo germanico ma io, italica incolpevole, sembravo essere destinata a pagarne le conseguenze.

Col cavolo!

Vestendo i panni di una poco mistica Giovanna d'Arco mi ribellai al destino cinico e baro.
In qualità d'acrofobica alpinista sfidai una burocratica parete di roccia teutonica.
Sorda e cieca di fronte ad alzate di spalla, malcelato fastidio e spudorato pregiudizio, marciai con portamento fiero per la mia strada, pronta ad abbattere ogni ostacolo e rialzarmi ad ogni sgambetto.

La mia unica alleata fu Gitte.
Ella, mossa dal senso di colpa o dal desiderio di giustizia, mi offrì tutto il proprio sostegno anche se, comunque, quella che dovette fare le poste e dare il tormento al professore fui io.

Costui si oppose strenuamente a qualsiasi ricerca di compromesso o soluzione.
Come un disco rotto ripeté ad ogni mio casuale agguato in corsia:

"Non può dare l'esame non ha abbastanza ore"
"Non è colpa mia. È la coordinatrice ad avermi dato gli orari sbagliati."
"Non ha alcuna importanza. Non si può. Punto."

"Non può dare l'esame non ha abbastanza ore"
"Non è colpa mia. È la coordinatrice ad avermi dato gli orari sbagliati."
"Non ha alcuna importanza."
"Sono disposta a recuperare tutte le ore perdute"
"Non si può. Punto."

"Non può dare l'esame non ha abbastanza ore"
"Non è colpa mia. È la coordinatrice ad avermi dato gli orari sbagliati."
"Non ha alcuna importanza."
"Sono disposta a recuperare tutte le ore perdute"
"Non si può"
"Mi trasferisco in reparto a farmi schiavizzare per una settimana"
"Punto"

"Non può dare l'esame non ha abbastanza ore"
"Non è colpa mia. È la coordinatrice ad avermi dato gli orari sbagliati."
"Non ha alcuna importanza"
"Sono disposta a recuperare tutte le ore perdute"
"Non si può"
"Mi trasferisco in reparto a farmi schiavizzare per una settimana"
"No"
"Due settimane?"
"No"
"Tre settimane?"
"No"
"Pulisco i bagni di tutto l'ospedale con uno spazzolino da denti. Il mio."
"No"
"Mi prostituisco?"
"No"
"Le dono un rene?"
"Punto"

Fino a quando, esasperata, cambiai tattica:
"Perché dovrei pagare io per l'errore di qualcun altro?"
"E perché dovrei porre rimedio io agli errori di un'incapace coordinatrice italiana?"
"Italiana? Guardi che la coordinatrice incapace è tedesca"
"Non è possibile!"
"Oh sì, che lo è. Ecco il numero, la chiami"
Tutte le certezze del Professore crollarono in un secondo. Con le mani tremanti sollevò il telefono, compose il numero ed attese.
Dopo pochi squilli riconobbi chiaramente la voce di Gitte che si scusava, supplicava, e intercedeva.

Alla fine, stanco e sconfitto, il primario ebbe la forza di dirmi solo: "Domani venga in reparto."
Dal giorno seguente divenni una felice schiava, una soddisfatta galoppina, una solerte inserviente.
Al Professore non rimase altro che lanciarmi sguardi carichi d'odio ogni volta che m'incrociava lungo i corridoi.
E, probabilmente, nasconde tuttora nel proprio studio un bersaglio per freccette con il mio italico faccino ritratto sopra.

Continua...

9 commenti:

  1. Teutonica rigidità 0 - Italianissimo tritamarronità 1

    W Pancrazia!!!

    ---Alex

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  2. Tre parole: Pancrazia sei la migliore.

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  3. Potrei scrivere enciclopedie intere di aneddoti sulla rigiditá tedesca (non temete, non lo farò). A dirla proprio tutta, da quando sono qui, é l'aspetto della loro cultura che più mi ha messa in difficoltà. Cioè, io credevo di essere tedesca come mentalità quando vivevo in Italia - e rispetto agli altri, lo ero - ma qui, rispetto a loro, sono decisamente italianissima! ;-)

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    Risposte
    1. A parte il caso specifico che ho raccontato. La cosa che ai tempi trovai davvero irritante fu la convinzione, tutta tedesca, che le loro regole fossero universalmente conosciute. Quindi, se uno non le seguiva, non lo faceva per (colpevole) ignoranza ma per malafede.

      Una mia amica dovette passare le pene dell'inferno per iscriversi ad un esame. L'errore era suo: le iscrizioni erano già chiuse. Ma vi era un piccolo, non insignificante particolare, le iscrizioni erano state chiuse 3 mesi, ripeto tre mesi, prima della data dell'appello. Come ci si può aspettare che uno studente straniero, appena arrivato in Germania, lo sappia?
      Da questo punto di vista gli efficenti coordinatori erasmus si dimostrarono fallaci ed inutili quanto e più degli italiani.

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  4. Mi ricorda quel mio cliente tedesco che mi urlo' come un pazzo per mezz'ora al telefono perche' non avevo messo delle protezioni dalla vernice su dei particolari ululando che non potevo non saperlo, che da sempre in Germania e' cosi'...salvo poi arrendersi al fatto che qui semplicemente non usava perche' pura e semplice procedura non prevista vista l'insulsaggine del particolare da proteggere...ora le metto, eh......

    A.

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