Tra un simulatore ginecologico e l'altro. Tra un primario poco simpatico e l'altro. Tra un esame insormontabile e l'altro. Tutto il mio erasmico cucuzzaro ed io riuscimmo comunque a ritagliarci dei momenti speciali, delle serate uniche, delle uscite memorabili.
Berlino era ed è una città che offre ogni tipo di divertimento e di stimolo culturale, il tutto ad un prezzo decisamente abbordabile.
"Berlino è povera ma sexy", come ebbe felicemente a dire nel 2004 il sindaco Klaus Wowereit.
E di questa città, stropicciata, aperta e spudorata, consumai sfacciatamente ogni occasione, divorai ogni esperienza, bevvi fino all'essenza.
A Berlino conobbi l'Opera, il balletto sperimentale, il teatro d'avanguardia e persino il cabaret. Mi ritrovai più volte in un bugigattolo ad ascoltare promettenti comici tedeschi, a capire le loro battute, e a ridere euforizzata dalla birra e dal sopraggiunto superamento del gap linguistico.
Rimarrà indimenticabile quella volta che un tizio cominciò a raccontare in musica il dramma di una vacanza lungo le nostre italiche coste. Vacanza che, per l'uomo teutonico medio, è costellata da incomprensibili donne italiane (vedi: Homo germanicus) e da irraggiungibili donne tedesche completamente succubi del fascino mediterraneo:
"All together now!
Lo confesso: mi chiamo Karl Heinz, non sono Francesco.
Mi dispiace non sono di Torino, vengo solo da Berlino."
A sentire il nome della mia città natale quasi mi ribaltai dalla sedia, suscitando scalpore, curiosità ed eterna riconoscenza da parte dell'esordiente commediante.
A Berlino provai la cucina indiana, tailandese, giapponese, egiziana, ebraica, e chissà quante altre che non ricordo neanche più.
Seduta lungo infinite tavolate o accovacciata tra morbidi cuscini soddisfai curiosità e palato.
A Berlino vidi i film di Wim Wenders nella loro naturale cornice, partecipai ad una retrospettiva su Fellini, mi persi e ritrovai tra le mille occasioni offerte dal festival del cinema.
A Berlino sognai nelle sale del lussuoso caffè russo, calpestando marmi antichi e tappeti pregiati con le mie inseparabili scarpe da ginnastica, e porgendo al solerte cameriere il piumino da battaglia e l'inseparabile borsa tascapane.
A Berlino camminai per musei e mostre, con il naso rivolto all'insù ed il piacere di condividere scoperte e bellezze. Visitai mille volte gli atelier del Tacheles con gli equilibristi in ferro battuto, i corvi gracchianti al cielo e le mille testimonianze lasciate da mille mani in mille giorni.
A Berlino, nel caso non si fosse ancora capito, ho lasciato un pezzo di cuore.
Continua...
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Io a Colonia (OK, non è Berlino) ho scoperto il kebab. E per via della lingua ho pensato che fosse una specialità del luogo.
RispondiEliminaNon hai sbagliato più di tanto, il Doener Kebab è talmente diffuso in Germania da essere considerato ormai una vera e propria specialità del luogo.
EliminaPrima o poi scriverò qualcosa sulla mia scoperta della cucina tedesca.
Non hai sgamato che avevo esagerato. Ma mica tanto, potrei fare un post anch'io sui turchi e gli italiani della zona. Ma è passato tanto tempo, troppo.
EliminaDavvero una grande esperienza! mi è piaciuto tanto tanto questo post.
RispondiEliminaGrazie Nicoletta, sei sempre molto gentile
EliminaBerlino è una città che resterà sempre nel mio cuore con gioia e dolore perchè vi ho trascorso una settimana davvero particolare...
RispondiEliminaQuesta volta hai aperto il tuo scrigno, tirato fuori le sensazioni di oggi, gelosamente avvolte nella seta rossa e ce le hai mostrate.
RispondiEliminaBellissimo post, coinvolgente nostalgia, benevola invidia per un anno di vita più denso di tanti altri.
Complimenti.
Mi odio. :D